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Il Monterosso e la storia dei vini di Castell'Arquato

Paolo III Farnese, estimatore dei vini di Castell'Arquato

Sembrava non esistesse una storia del “Monterosso”, invece esiste e noi vogliamo partire dalla storia di un Papa, quel Paolo III Farnese che ha fatto di Castell’Arquato e dei suoi vini, bianchi e rossi, un punto di fondamentale importanza.

Ci racconta infatti il Ferraro in “I vini d’Italia giudicati da Paolo III (Farnese) e dal suo bottigliere Sante Lancerio” – (1878, Rivista Europea, Vol.III )- del “ viaggio che fece S.S. Paolo III nell’anno 1536 allì XXIII marzo e il secondo sabato di quadragesima, per andare in Provenza alla città di Nizza per pacificare Carlo V Imperatore cattolico con Francesco cristianissimo Re di Francia”. Il Lancerio ci tramanda: “Castell’Arquato fa vini perfettissimi e in gran pregio” ed aggiunge che è un gran peccato “ che questa collina non sia tutta vigna, che qui sono di così delicati vini quanto sia in tutta la Lombardia, tanto rossi quanto bianchi”. “Et qui”, afferma il saputo bottigliere, “ sua beatitudine si forniva per il suo viaggio anche che fosse a Ferrara e a Bologna”. “Al Papa piaceva di più il vino rosso o bianco di Castellarquato ?” ( nota.:al Papa piaceva di più il Gutturnio o il Monterosso di Castell’Arquato?) . “Su tale argomento”, continua il suo bottigliere, “ci fu una dotta discussione enologica tra il Pontefice, diversi Cardinali e medici del seguito a cui partecipò lo stesso bottigliere Lancerio. Un accordo non fu raggiunto nonostante le molteplici ragioni addotte da quei sapienti prelati e, Paolo III papaliter, beveva rosso (nota: Gutturnio) e bianco ( nota: Monterosso) senza alcuna spiccata preferenza e volle che fossero riempiti parecchi barili dell’uno e dell’altro dando ordini precisi che le mule durante il viaggio dovessero procedere a passo lentissimo ed uguale affinchè il vino non si turbasse.” “Un'altra discussione ove la palma fu data ai vini ( nota: rossi e bianchi, Gutturnio e Monterosso) di Castell’Arquato avvenne un giorno durante un pranzo a cui parteciparono fra gli altri i Cardinali Contarini e Sandoneto, prelati dottissimi e di raffinato palato, e la regina di Navarra, intenditrice pur essa di questo puro figlio del sole. Dopo avere passato in rassegna diverse qualità di vini e bianchi e rossi, non solo italiani ma anche esteri ed avere di ognuno rilevato pregi e difetti, non riuscendo i convitati a mettersi d’accordo, il Papa esternò chiaramente la sua preferenza e troncò le dotte disceptazioni col dire al suo bottigliere: portaci di quello di Castell’Arquato. E’ il solo degno di tanti ingegni” . Ma il Lancerio parla anche del vino di Monterosso in “ Della Natura dei vini e dei viaggi di Papa Paoòo III descritti da Sante Lancerio, suo bottigliere, MDXXXXIX (1549)”-

Non vierne precisato quale Monterosso sia, ma propendiamo anzi abbiamo certezza sia, proprio il Monterosso di Castell’Arquato, anche se il riferimento è pure il vino rosso.

“Il vino di Monterosso”, scrive il Lancerio, “è perfetto et buono, ma qui sono poche vigne. C’è un’ottima vigna sopra un colle della quale avendo quella cura et governo che meriterebbe certo farebbe meglio vino, massimo il rosso, che è un vino stomachevole et mordente et polpato. Di questo vino S.S. beveva assai. Et Ill.mo Sig. Card. Farnese faceva usare una grandissima diligenza ad un suo fattore, chiamato Mons. Valerio, quando morì di morte subìta, si trovò che aveva nascosto un viluppo di ducati in un monte di grano”. Dopo quanto scrive il Lancerio troviamo le acute osservazioni del Piacentino Giulio Bramieri con il suo “Della coltivazione delle viti: opuscoli di Giulio Bramieri, Piacentino, Parma 1818”. Un volumetto (Giornaletto o diario di viaggio) scritto nel 1793 che faceva l’elenco delle uve da vino nel nostro territorio, riportandoci quindi addirittura alla fine del 1700. Indicazioni quelle del Bramieri che ci fanno affermare, senza ombra di dubbio, una antica storia anche per il “Monterosso Val d’arda”, visto che antica storia hanno le stesse uve che lo compongono . Infatti tra le uve che compongono il Monterosso antica storia ha la Malvasia di Candia.

Già nell’antichità venivano infatti prodotti in Grecia dei vini, il più delle volte bianchi, provenienti dal Pelopponeso, da Rodi, da Creta ed in particolare da Candia, che venivano chiamati VINI CRETICI. Nel Medioevo il loro punto di raccolta per l’esportazione divenne il porto di MONEMVASIA; da questo porto le navi partivano specialmente per la Repubblica di Venezia che nel 1248 aveva ottenuto la licenza esclusiva per il commercio. Il nome del porto di provenienza venne poi storpiato in MALVASIA o MALVAGIA. Tra le diciassette varietà di malvasia la migliore praticamente finì nei Colli Piacentini ed in particolare a Castell’Arquato. Antica storia hanno pure gli altri componenti il Monterosso quali il Moscato bianco, il Trebbiano e , pure lo stesso Ortrugo.

Il Moscato infatti ha origini anch’esso dal bacino medio orientale del Mediterraneo, portato in Italia dai coloni greci. La varietà bianca è la più pregiata. Ai tempi dei Romani Plinio, Columella e Palladio citano il vino moscato come APIANAE e Plinio sostiene che le stesse varietà in Grecia venivano chiamate “STICA”, tuttavia anche i greci usavano il nome ANTHELICON MOSCATON. Il suo nome deriva da MUSCUM (muschio) a causa del suo aroma. In tempi antichi si otteneva un vino facendo appassire le uve. Solo Catone usa il termine APICIA o APICIUS e si pensa che veniva usato perché deriva da APIS (ape), in quanto le uve dolci ed aromatiche dette APINAE catturavano molti insetti tra cui le mosche da cui il nome MOSCATO.

Di fatto si continuò a chiamare APINAE le varietà con sapore di moscato sino al 1200 quando nel “Trattato di Agricoltura” di Pier di Crescenzi si parla di Moscati e Moscatelli (Attilio Scienza “Atlante dei vini passiti italiani”). Sappiamo poi (Cap III della “Monografia”) che nel XIV secolo Piacenza passa sotto il dominio dei Visconti, Signori di Milano, e i vini piacentini vengono portati alle corti ducali milanesi. Questo a maggiore sostegno della antica storia dei vini ed uve componenti il Monterosso. “Probabilmente” secondo A. Bonora “era vino di Albarola che spedivasi alla corte dei Visconti, perché antico ricordo hanno qui il MOSCATELLO, la VERNACCIA, la MALVASIA, il TRIVIANUM (Trebbiano), poi perché un Alessandro Anguissola da Vigolzone era, nel 1390, alla corte di Milano e incaricato di provvederlo alla corte de’ Visconti”